La coscienza sociale ha finalmente maturato la consapevolezza che l’ambiente deve essere tutelato e si sta assistendo ad un cambiamento culturale dei consumi e all’innovazione “verde” dei cicli industriali.
Inoltre, è ormai un dato certo che nel momento attuale, caratterizzato da congiuntura economica sfavorevole, i modelli di produzione e di crescita debbano essere ripensati: sostenibilità e circolarità rappresentano valori di riferimento, con i quali le aziende di ogni dimensione devono necessariamente confrontarsi.
Lo sviluppo sostenibile si fonda sui valori della qualità e dell’innovazione, coniugati alla eco-efficienza e al rispetto per l’ambiente.
Le linee guida di Europa 2020 dettano una priorità di crescita “intelligente, sostenibile ed inclusiva”, che crei nuovi posti di lavoro in un’economia basata su conoscenza e innovazione (crescita intelligente), più efficiente nell’uso delle risorse, più verde e più competitiva (crescita sostenibile) e con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale (crescita inclusiva).
Molte aziende italiane, incluse piccole e medie imprese, lo hanno capito già da tempo, come dimostrano i numeri del “Rapporto Green Italy 2018”. La green economy è un pezzo considerevole delle nostre imprese: sono 355 mila, infatti, le imprese italiane dell’industria e dei servizi che hanno investito in prodotti e tecnologie green.
L’imprenditoria green punta sulla sostenibilità e sull’economia circolare, guadagnando in competitività, rispettando l’ambiente e le persone; l’attuale trend è creare posti di lavoro che facciano leva sui saperi tradizionali sposandoli a ricerca e innovazione.
Questa tendenza consente di riscoprire anche antichi saperi manifatturieri, che possono essere rivisti nell’ottica del riciclo e dell’uso efficiente delle risorse, tramite nuovi modelli produttivi innovativi e tecnologici che ne rafforzino l’identità e la tradizione, enfatizzandone i punti di forza e i tratti distintivi, coniugando il saper fare antico a nuovi processi, nuove tecnologie e nuove materie prime, che magari in precedenza erano considerati rifiuti.
Il recupero dei materiali è, infatti, uno dei principi di base dell’economia circolare, volta a favorire la sostituzione delle materie prime vergini con materie prime seconde, provenienti da filiere di recupero che ne conservino le qualità.
Oltre al riciclo dei rifiuti organici, l’economia circolare mira alla riduzione dei rifiuti alimentari: a livello nazionale vengono sprecati 2,2 milioni di tonnellate di cibo all’anno, per un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro. Secondo la Coldiretti, la totalità del cibo che finisce nella pattumiera servirebbe a sfamare 44 milioni di persone.
Di seguito si riportano alcuni interessanti casi studio: